non costruirò più leviathan
di superbie su macerie di vinti
né solchi lunghi per disfatte
d’entrambi ebbi nidi sul cuore
e non chiesi
se fossero d’aquile o di corvi
ho teso il filo d’acrobata
su sponde di paura
per capire dove la luna s’eclissa
a partorire un dannato
di sette generazioni
o il mitra di chi avrà sarcofaghi
istoriati d’incenso
e lo spavento di raccogliersi
nella placenta della polvere
ma il filo era fuggito nell’amplesso
di buchi neri