poi quando le parole furiosi capelli
aprono le stimmate al pensiero
è come chiedersi perché
lo spartito d’una incisione
ha le mani rigate dai sogni
dell’alfabeto di atlandide
la galassia ha nell’incavo della spirale
ogni memoria ed il fieri
la notte ha sbadigli viola
lusso d’orgasmi irrisolti
il mio poeta
risolta ormai la parabola del pane
con asterischi al rotocalco
s’interpreta
rotolando dagli occhi di cobalto
della più antica puttana di via veneto
baciandole i piedi umidi di alba
per una cabala d’impotenza
sto giocando ogni residuo
di certezze
per cominciare a capire
il riso di eva
è un abuso di storie arbitrarie
pretesto per cercare ipotesi
alla mia tristezza indifesa
ma il mio address ha le chiavi
d’una stella
io perdo ad ogni sole la mia anima
ritrovarla sui segni che lasciai
di occhi e di ferite
è il diagramma della follia
come equazione dell’infinito
la scheda perforata ha l’anamnesi
del mio dritto
il rovescio non serve ai computers
è solo mio
il mio rovescio istrione
fromboliere
di questi eunuchi d’anima
io perdo ad ogni sole la mia anima
ritrovarla è la storia delle vite
spese a dimostrare che il pianeta
non era una pianura degli dèi
è le streghe sul rogo
degli incappucciati
è il suo ventre sollevato ad un altro
richiamo pene d’allegria
e la sua acerba risata che colava
sulla mia fronte incisa
dai pini aculei versiliani
ritrovarla era il genio di tuo figlio
amica
inciso da atomi di stupromanicomio
denti aguzzi che divoravano
i suoi pensieri mitologici
è Michael Alexiei
matematico dalla voce di fanciullo
che computava le ascisse sulle ciglia
della sua Tatiana
nelle opulenti notti trasteverine
ci sarà in una clinica siberiana
il calco delle sue dita ibernate
con incisa la prima equazione del caos
che tanto intrigava il suo cercare
danziamo su alchimie di occhi
gli attori spietati
mordono la coda alla loro ombra
il gioco mediatico delle carte
rimescola il domani
di astuti managers
le rughe di vetro si appannano
con un soffio di noialibidine
non chiedetemi per una sera
nuove invenzioni
vocemani delle mie notti
suonami canzoni barocche
per il suo collo di zingara
scenderà le scale con lo scialle
di luna
la risacca dei capelli
leviga i vostri aliti arsi
il gioco d’una sera si coagula
sul suo ventre
stradivario dei vostri coiti impossibili
la sua nuca di vocerauca s’impiglia
nel labirinto delle vostre attese
ho attraversato un insaziabile
mare di molte Circi e non ho patria
al limite dei liquidi sogni
le mie andromache tessono sempre
per un altro Ulisse che torna
Ulisse esperto di sirene
legato alle sue vele scarlatte
ha volontà d’un dio ma corde amare
per il suo cuore d’astronauta
Ulisse conosce la nomenclatura
delle stelle e i ritorni dei pianeti
e asseconda il suo timone di fughe
al vortice dei suoi mari disperati
ha approdi selvaggi senzavento
e naufragi dove antichi geni di streghe
vogliono i suoi capelli d’orosalmastro
Ulisse stanco d’infinite astuzie
ha accecato il Ciclope della sua paura
per aversi il terzo occhio di Zeus
i fratelli dei quasar
hanno clessidre orizzontali
sestanti per i pianeti dai soli blu
dove un laser di pensiero
è una nostra vita di parole
qui dove ci crediamo dèi
le guglie medievali sono totem
di paura
gli uteri che abortiscono mostri
suonano come canne vuote
le mie donne del sud sudano ancora
alla voce del maschio
secundum castrationem
la proprietà è un furto ma volete
esser padroni dell’io che mi negate
secundum castrationem
con Marx sul pugno un grande gregge
devastò l’idea dell’idea
i miei giovani amici di Praka
bruciavano come nei forni di Auschwitz
ora i sopravvissuti corrono
verso gli anni santi
delle indulgenze plenarie
per amnistie dei giudici dell’inferno
l’autoerotismo critico
ultima ratio dementiae senectuti
dei saltimbanchi di occasioni
ha separato l’arte in democratica
e aristocratica
secundum castrationem
il peripatetico educatore di mostri
sarà sempre un Socrate
che si prepara la cicuta
e un Aristofane che ride
dal cerchio magico di pietra
del nostro anfiteatro di stupóri
ma questa è ancora l’infanzia dell’uomo
e verrà il tempo che la luna
anomalo porto di ipogei smarriti
sdoppierà la sua falce evaporando
troni di vento
la serpe muterà le sorti della storia
la folla-fiera ansimante
si sposterà seguendo
la stupefazione dei suoi occhi
per vendersi al primo miracolo
poi in un’alba del terzomille
il pifferaio magico trampoliere
di favole
adunerà gli occhi calvi per inghiottirli
nel continente sommerso
donde germineranno spore
di nuovo corallo
per le città delle stelle
se ne andranno i servi che si dimisero
dalla categoria dell’uomo
generali che vollero eroi
per sudari di medaglie
i razziatori di fratelli per libidine
di razza
i tenutari dei postriboli
della violenza ed i predicatori
di apocalisse per una tangente sulla paura
che imprigionò i poeti chi non volle
vedere l’invisibile
la morte verrà a tentare
ancora un gioco di scacchi
il cavaliere la guarderà come l’impronta
fossile d’una conchiglia sul tibet
Faust riudirà Margherita chiamarlo
da un ventre di lava
sfidando Mephisto al ricatto
con una risata d’anni luce
allora verrà la mente
dall’ellissi del macrocosmo
per congiungersi ai rami inesplorati
della nostra foresta
di dannazioni
fratello scorporato
dai cristalli della carne
dalle antiche metafore dei gesti
dalla sequenza della voce
dagli spessori che ci sporgono
sul buio dei mostri gotici
mutante delle stelle
deflagrazione degli antidoti
per il viatico dell’illuminazione
Hattok terminale d’evoluzione
dal punto del fiat
superato il cerchio delle età brutali
in un bengala di vite
ha attraversato il golfo ai margini
della galassia lattea
tornando come i giganti
contro il tridente
degli astroporti andini
l’astronave è un diadema di fosfèni
diagrammi d’immateria
aperti per la coniugazione
dei nostri amplessi
diaframmi compositi nei numeri
dei numeri
delle nostre porte iniziatiche
la testa d’ambraviola
che già posava ai piedi
dei miei anni verdi
il gioco dei suoi poteri respira il muschio
germinato
dal nostro bosco di fragili stalattiti
“quando i transiti lenti aduneranno
le ultime furie dei signori neri
oscurando ogni foglia
e soli lontani esploderanno
ricreando il seme
dell’energia dell’uomo
dal fondo d’una estrema spirale
dove le stelle di zaffiro allevano
menti di diaspore remote
tornerò”
perché fu detto “quando non sarai
più conscio della separazione
apparterrai all’eterno”